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al testo di Salvatore Armando Santoro
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Nel silenzio del borgo che m'affoga, s'alza una voce come di preghiera, flebile arriva e pur mi sembra vera attraverso la porta della mia cantina. Mi scuote, tra i radi villeggianti arrivati a stemperare l'afa urbana, l'avverto, tra questi anziani abbandonati che ai muri appena poggiano le mani, intolleranti ai rumori e ai voli chiassosi dei gabbiani. E' una voce che mi bussa al cuore, come bussava nel mio tempo antico quando ho vissuto tra il rumor di guerra, tra il pianto della gente e tra l'orrore, il dramma di un politico esaltato, che ancora oggi aborro e maledico. Quella vocina giunge dalla pattumiera dal pane raffermo che prima vi ho buttato e sembra che mi sgridi sottovoce: "la fame, la miseria, i patimenti, tutto quello che un giorno hai tu provato, i bisogni da tanti collaudati, la mancanza del pane quotidiano, il lamento di tanti pargoli affamati, mi sembra che per sempre li hai scordati". Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 7.7.2012 - 15,09) |
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